Che vivere sia sempre un sogno meraviglioso

Che vivere sia sempre un sogno meraviglioso

Avevo già fatto molti mestieri, lavorato per gli aiuti umanitari alla commissione europea e studiato all'università di Roma e Bruxelles, quando cominciai nel 1997 a fare provini. 5 provini 5 pubblicità. Il sesto lo feci nel settembre del 1998... non sapevo bene per che cosa fosse, mi ricordo che andai con un completino scamosciato con minigonna - io che non avevo mai messo una minigonna in vita mia! - ma mi sembrava adatta al personaggio e così, quando ormai me ne ero dimenticata, dopo circa due mesi, ricevetti la fatidica telefonata.

Mi chiedevano se volevo andare a lavorare per due anni a Milano in una lunga serie televisiva, avevo 27 anni e nessuna informazione al riguardo ma dissi: "arrivo".

Cominciammo a girare a novembre, andammo in onda il 1° febbraio 1999 e a marzo ero un'attrice popolare! Una popolarità capillare, una popolarità raramente raggiunta da altre fiction. Con "Vivere" facevamo ogni giorno - ogni giorno - il 33% di share!

Ogni giorno avevamo 5 milioni di spettatori. Ogni giorno entravamo in primo piano nelle case degli italiani.

Allora la televisione era ancora divisa in due grandi blocchi, non c'erano contenuti e reti infinite (e neanche telefonini e selfie, ma ancora lettere cartacee dei fan e autografi) e il successo fu veramente stratosferico. Non riuscivamo più a fare un passo senza essere fermati, richiesti, toccati, interpellati come fossimo il personaggio recitato, non c'era alcuna distinzione tra le nostre persone e i nostri personaggi.

Venivamo additati e criticati dal vivo per gli errori dei nostri personaggi o esaltati per i loro pregi: noi come persone, noi attori, non esistevamo più, eravamo un tutt'uno. Un fenomeno che riguarda in particolare gli attori di soap perché non finiscono mai di recitare il personaggio!

Io ne soffrii non poco perché il mio personaggio era alquanto scomodo: la povera Eva la facevano litigare quasi tutti i giorni con gli altri personaggi... le sorelle, i genitori, i vari amanti (me ne affibbiarono assai:).

Eva veniva da una famiglia umile e di buoni sentimenti ma lei era assai ambiziosa e provava ad affermarsi con ogni mezzo. In realtà, alla luce di un'analisi un pochino più approfondita non è che il mio personaggio fosse peggiore degli altri - i quali a loro volta ne combinavano di tutti i colori - Eva aveva però alcune caratteristiche che rendevano le sue malefatte più evidenti, più immediatamente leggibili (e giudicabili) dal grande pubblico: intanto i capelli rossi e ricci che da secoli e secoli raccontano malizia e turbamento, e poi i modi, i modi di Eva erano bruschi, diretti, un po' sfacciati, insolenti; di quel personaggio io non condividevo affatto né i valori né gli obiettivi (anzi mi repellevano) ma i modi, devo ammettere, erano un pò i miei.

La mia estrema sincerità mi porta ad essere talvolta un po' troppo diretta, a volte cruda.

Fatto sta che l'estrema popolarità, l'impossibilità di capire che cosa stesse succedendo, il fatto che fossimo invitati comunque dappertutto in tutte le trasmissioni, eventi, serate, premi... fu davvero una rivoluzione repentina nella mia vita, nel mio sistema valoriale, un'invasione a cui non ero assolutamente preparata: io non avevo fatto la gavetta in quel mondo (o almeno non come attrice ma in molti altri ambiti sì ...ho cominciato a lavorare a 14 anni), non avevo fatto scuole di recitazione (ehhhh sì talento naturale, embé?!). Non ero abituata a determinati linguaggi, a quelle prassi, non facevo parte di quell'ambiente, venivo dagli aiuti umanitari!

Mi trovai un pò in cortocircuito ed ebbi la sfortuna purtroppo di perdere la mia guida, il mio amato agente, Roberto Romani, che sul più bello, quando avevamo deciso di lasciare e provare a volare, morì.

Feci uno, due, tre passi indietro per recuperare la mia identità, la mia anima... e trasformai la popolarità in impegno civile girando documentari, interpretando monologhi teatrali etc... ma queste sono altre storie...

Col senno di poi, la ricchezza più grande che mi diede "Vivere" fu la possibilità di conoscere veramente capillarmente il mio popolo. Al di là degli ambienti urbani e borghesi, al di là anche di tutte le incursioni in mondi diversi che avevo tenuto a sperimentare nel corso della mia vita, il fatto di essere fermata ovunque, quantunque e da chiunque anche nel più piccolo paesino italiano per anni e anni, mi ha regalato la possibilità di confrontarmi veramente con tante persone diverse: una consapevolezza di valore incommensurabile che ha rotto tanti schemi, sicurezze e sovrastrutture mentali che purtroppo ognuno di noi, più o meno consapevolmente, si porta dietro.

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